Questo virus non ci voleva, è arrivato e ci ha messo di fronte al terrore di un nemico silenzioso e sconosciuto a cui non eravamo preparati, nessuno di noi, prima ancora che a livello di strategie di contenimento e contrasto a livello sociale e psicologico.
All’inizio abbiamo pensato che non ci riguardasse, che fosse lontano, poi siamo rimasti incerti, abbiamo commesso errori, abbiamo provato soluzioni che non funzionavano e poi siamo dovuti correre a chiuderci nelle nostre abitazioni spaventati per l’incolumità non di noi stessi ma degli altri, dei più deboli, degli anziani o dei malati che ci sono vicino, i nostri cari e tutto il resto della popolazione.
Vediamo il nostro personale medico e sanitario combattere in prima linea, sottoposto a turni senza fine, lottando di fronte all’ineluttabile, con determinazione e coraggio. Per questo non li ringrazieremo mai abbastanza.
Ci sono altre strutture e servizi che non possono (e non vogliono) chiudere. Sono quelle che ospitano, accudiscono e tutelano chi una casa non ce l’ha. I minori, gli anziani, gli stranieri, le persone in difficoltà. E queste strutture non sono fatte soltanto di mattoni ma sono fatte di persone.
Sono gli operatori che continuano a svolgere il loro lavoro in operoso silenzio, come è giusto che sia, perché i riflettori devono essere per altri. Che non possono semplicemente chiudere in attesa che tutto passi, perché oltre alla propria casa devono pensare alla grande casa dell’accoglienza.
Vogliamo ringraziarli dal profondo dei nostri cuori, quelli che lavorano a Lella così come tutti gli altri, perché con il loro impegno rendono il terzo settore un pilastro importantissimo per il nostro Paese.
Restiamo a casa, aspettiamo l’arcobaleno e andrà tutto bene.
Lella
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